Guarigione femminile

(affresco nel palazzo di Cnosso, Creta)

Da bambina spesso mi ritrovavo davanti al fuoco di un camino insieme a tutte le donne della mia famiglia, dopo una giornata colma di lavoro, la sera era il momento in cui le donne si raccontavano, la notte era il luogo in cui le donne trovavano lo spazio per condividere e parlare. Tutti dormivano, tutto era avvolto dal silenzio ed io sentivo la curiosità tipica di una bambina di stare in mezzo a loro, e attraverso il suono delle loro voci il mio mondo si animava di immagini, di miti e di storie dove le donne erano protagoniste. In quelle storie raccontate vi era un forte sentimento di fierezza e nobiltà dell’Essere donna, sentimento che crescendo ho trovato raramente nella società, ma in me è rimasto quel piccolo focolare acceso che attraverso il mio lavoro voglio trasmettere. Vi era un tempo in cui le donne avevano un profondo legame con la Terra, l’Acqua, la Luna, le Piante, allora le donne trovavano le risposte, poiché queste le erano fornite dalla vita stessa, dall’esempio delle altre donne e dal rispetto che il mondo maschile aveva per loro. 

La donna guidava la sua stessa vita e quella degli altri fidandosi della propria intuizione, dell’innata saggezza, percorrendo il sentiero interiore già tracciato dalla madre e da tutte le madri che erano venute prima di lei. Momenti come il menarca, la maternità e la menopausa erano vissuti come momenti sacri. Oggi la donna non ha più le parole per parlare di se, della peculiarità del suo mondo, è avvolta da un lungo silenzio che permane da secoli ed è fatto da regole, impedimenti, convinzioni, pregiudizi, “buona educazione”. Non è stato solo il mondo maschile a reclutare il femminile nel silenzio, nel buio, ma le donne stesse, ormai sradicate dal proprio Sé al punto da non riconoscere più le forze che lo animano mentre si adeguano ad un modello sociale piatto e repressivo. 

La natura del femminile non è quella dell’obbedienza nel silenzio, né quella di vivere una parità che strozza l’anima con violenza, ma quella di vivere in sé il proprio mistero. La donna unisce, crede, persevera, aspetta, ha pazienza. “ le ciliegie non maturano a gennaio. Ma a luglio sono squisite”.  Affidarsi al proprio corpo, come fonte di saggezza e conoscenza, sarà lui a darci le risposte e guidarci di fronte a qualsiasi dubbio, in quanto il corpo della donna non conosce il dubbio. Una donna in gravidanza normalmente aspetta nove mesi prima di mettere al mondo una nuova vita. 

Uno dei grandi temi del femminile è l’esistere per gli altri: per i figli, gli uomini, per i genitori, amici etc.. 

Ci si allontana inevitabilmente da se stesse, dalla propria Essenza, e si finisce in un giardino inaridito, privo delle sue bellezze e dei suoi colori. “La bellezza sta nel morire ogni giorno a tutte le cose che abbiamo acquisito, a ogni conoscenza, a ogni ricordo, a ogni lotta, senza trascinarcele sino al giorno successivo; in tal modo, sebbene ci sia una fine, c’è un rinnovamento” J.KRISHNAMURTI. 

La donna da sempre ha avuto l’attitudine a raccontare storie e ad essere affascinata nell’ascoltarle, le storie di donne sono fatte di amore, passione, coraggio, altruismo, solitudine, sacrificio, paura e dolore.  L’informazione libera la parola, e la parola di donna ancora non si è liberata, nel corpo vi è un blocco dell’energia situato nel terzo chakra quello laringeo dove sono depositati tutti i “non detti”, i contenziosi che per lungo tempo sono rimasti come un macigno in sospeso, senza la possibilità di “andare giù“ e che impediscono il fluire dell’energia. 

I blocchi nel corpo di una donna sono generalmente situati in tre centri del corpo fisico: la gola, il cuore e l’utero. Quando all’interno di una relazione d’amore una donna si sente dire ad esempio: “Non voglio ascoltare quello che hai da dire”, la sua gola si chiude. Come questo ci sono infiniti esempi che dimostrano la difficoltà che da sempre la donna ha avuto nel liberare la “Parola”, e tutto questo ha portato le donne ad adeguarsi a un modello di linguaggio maschile privo del potere femminile di creazione. In effetti, ogni atto è compiuto in virtù della potenza delle parole che vengono scambiate per la loro abilità di portare avanti l’azione. 

L’esempio più chiaro del potere di creazione della parola è la presenza in ogni cultura del mito della creazione : il Logos. Spiccano tra questi l’Antico e il nuovo Testamento, la donna viene così esclusa dall’uso effettivo della parola. La parola di una donna sarebbe troppo potente; finirebbe per rendere identico ciò che significa da ciò che è significato, e sarebbe altrettanto creativa della Dea della Creazione. Per quanto riguarda il centro localizzato nel cuore, la chiusura è dovuta a ferite d’amore o a una carenza affettiva importante subita nell’infanzia, e come ci ricorda Raylene Abbott nel suo lavoro sul Divino Femminile quando il cuore di una donna si chiude spesso anche il suo utero e la sessualità risultano bloccati. 

Il senso di colpa e la vergogna se non risolti, possono anch’essi rimanere scritti nell’utero. 

Anche la storia genetica della persona può giocare un ruolo importante per tutto ciò che essa ha ereditato, a livello fisico e a livello comportamentale ed emotivo. A livello simbolico, il corpo della donna è un riflesso della Madre Terra. Quando la Terra non viene trattata con cura e rispetto, questo si riflette nella vita delle donne attraverso una mancanza di sostegno e supporto. 

È importante che la donna riscopra se stessa come centro di energia, ed in quanto tale ritrovare la propria ineluttabile, sostanziale differenza dall’uomo. Il suo affrancamento non può essere imitazione dei modelli maschili, che non le appartengono, né tanto meno identificazione con la vecchia visione socializzata di sé, che la riduce. Le allieve di Don Juan Matus, guerriere della tradizione sciamanica Tolteca, celebre da noi grazie ai libri di Carlos Castaneda, sostengono che proprio il ruolo socializzato della donna è il peggior nemico delle donne. 

Per uscirne le donne devono compiere un profondo processo di crescita individuale, che da un lato le porti a riesaminare il proprio passato collettivo ed individuale, e dall’altro lato le porti a considerare il proprio corpo in una luce diversa : non solo come strumento di riproduzione, ma anche e soprattutto come strumento di conoscenza. 

Negli ultimi anni molti filosofi, torici del femminismo, storici, antropologi hanno cercato di dare delle risposte adeguate sull’interrogativo di cosa rappresenta il corpo, da tutte le varie indicazioni è però emersa una convinzione comune: una cosa è il sostrato fisiologico del mio corpo, altra è l’esperienza che traggo nell’abitare nella mia dimora corporea, l’esperienza cioè di un corpo che ha una soggettività. Merleau–Ponty lo chiamava il “ corpo vissuto” , la sua presenza pervade ogni cosa, al punto che difficilmente la notiamo: eppure esso lascia la sua impronta su tutto ciò che facciamo. 

La conoscenza fenomenologica sostiene che un fenomeno non è un semplice oggetto che deve essere conosciuto, ma è in sé un avvenimento attivo, creativo, che fa il mondo, che in se contiene significato esistenziale, cioè senso e motivazione per l’esistenza, un mistero che non richiede di essere risolto, ma contemplato. Accettare la verità narrativa nella relazione terapeutica permette al terapeuta di non fare nessuno sforzo per interpretare e cercare di capire intellettualmente il cliente, ma semplicemente stare in contatto con quanto sorge spontaneamente entro di sé, comunicando al cliente la propria esperienza tale e quale si manifesta. 

Tutto ciò ci porta in un luogo in cui si sospende il giudizio , in cui si accetta l’unicità dell’altro senza pretese di volerla conformare ad un modello prestabilito di salute/malattia che fa parte della società occidentale capitalista. Un’antica storia Sufi narra che un ubriaco girava senza sosta attorno all’inferriata che circondava un albero venerabile. E, dato che girando si trovava sempre davanti l’inferriata, finì col credere di essere prigioniero. 

In conclusione, siamo prigionieri delle nostre stesse illusioni, dei nostri pensieri, personaggi mentali e dimentichiamo chi siamo e cosa siamo realmente, se impariamo a guardarci “scorrere” come in un sogno senza identificarci troppo con i nostri auto-giudizi ed auto-definizioni , abbiamo la possibilità di guardare l’orizzonte degli eventi nel qui ed ora e nel là e allora. Guarigione Femminile vuol dire risvegliare l’energia vitale del cuore e dei sensi, attraverso un lavoro terapeutico d’iniziazione sciamanica che permetta di spezzare le gabbie che ci circondano per imparare a volare e ritrovare l’armonia perduta. 

La femme avec la femme ovvero “la donna con la donna”, questo è il cammino da percorrere in un’epoca in cui le donne sono divise l’una dall’altra, in competizione e lotta assumendo completamente abiti maschili. Il significato della sorellanza nelle donne è dimenticato, c’è un antico detto sciamanico che dice: “la terra sarà in pace, quando le donne saranno in pace tra loro”.