Riflessioni tra T-group e Gestalt

(Vincent Van Gogh)

appunti di Andrea Migliarini


Cosa dice se quel che si vive è funzionale o disfunzionale? Ognuno è la sua vita, e anche nella situazione in cui qualcuno sente di vivere una vita non sua quella è la sua vita. In ogni cosa faccia, infatti, ognuno vive e sente tensione della soddisfazione e dell’insoddisfazione, la presenza di uno scarto biologico e esistenziale che detta il passo successivo anche quando detta di non fare passi. Può apparir ridondante ma anche scegliere di non scegliere è una scelta. La misura di ciò di cui si è soddisfatti e di ciò di cui non si è soddisfatti è vissuta solo dall’individuo, solo lui può sentire la qualità della sua vita e prenderne consapevolezza per muoversi. L’ottica della qualità della vita rende il giusto spazio alla responsabilità dell’individuo rispetto all’ottica dicotomica sano/malato. L’individuo stesso è il solo che può sentire la sua vita con il suo bisogno, solo lui può avvalersi delle sue qualità in virtù proprio della qualità della sua vita. 

In Gestalt questo principio viene completamente accettato anche perché dal punto di vista fenomenologico-esistenziale non si può parlare di cura, stare nel mondo per come si è costituisce la maggiore libertà. La terapia viene infatti intesa come una continua ricerca del proprio posizionamento esistenziale a partire dal quale co-costruire col terapeuta sensi e progetti esistenziali capaci di restituire un maggior grado di benessere. In ogni caso è l’individuo che fa qualcosa per sé alla fine, se vuole.  Sant’Agostino tratta il libero arbitrio come il movimento dell’anima. Se l’anima è la vita allora scegliere è il movimento della propria vita, sempre in avanti nel tempo, una scelta più o meno funzionale al sé, tutto secondo un indice di soddisfazione. Nelle “Confessioni” egli parla del libero arbitrio, del fatto che nella migliore delle ipotesi è un movimento consapevole delle proprie diversificate volontà: parla della lotta tra volontà opposte, una che attrae e una che fugge, una che avvicina e l’altra che allontana, una che sa la strada e l’altra che viene rapita da una passione ed è interessante vedere qui il rapporto tra passione e virtù come nell’esperienza dell’enneagramma di Paolo Quattrini. Quella libertà e quella responsabilità esistenziale dell’uomo nel suo scegliere è tutta in una frase nell’opera “De libero arbitrio”, “chiunque vuole vivere in modo giusto e onesto [qui la virtù], se vuole volerlo invece dei beni effimeri [qui la passione del carattere, l’automatismo tipico, la caduta], ottiene un bene tanto grande così facilmente che il volere stesso si identifica con il possesso di ciò che vuole”

Il fatto che solo la persona sa che cosa è bene per sé stessa tanto da collocarsi potenzialmente nella possibilità di potersi aiutare riconduce proprio a tutto il congetturare di sant’Agostino sul libero arbitrio: c’è uno spazio dell’uomo in relazione al tutto divino come se ci fosse uno spazio per la scelta in relazione alla verità, a un punto di arrivo, e l’infelicità è sempre grande tanto quanto è lo spazio tra la scelta e la verità. Tende sempre ad esserci uno spazio tra il ‘movimento per soddisfare’ (tra “l’utilizzo dei beni” come dice sant’Agostino piuttosto che i beni in sé) e la soddisfazione, la felicità (De beata vita). Dal punto di vista fenomenologico-esistenziale c’è sempre una possibilità e questo è dovuto al fatto che, se la persona vuole, in questa volontà è contenuta già di per sé la sua possibilità. Se è vero che tra il muoversi e la meta c’è uno spazio questo è lo spazio dell’individuo e il modo in cui egli lo riempie lo rappresenta nella sua responsabilità. 

Tutto questo è un ‘a-priori’ forte nell’impostazione della Gestalt Therapy ad orientamento fenomenologico-esistenziale e ugualmente è un assunto fondamentale da prendere in considerazione nella conduzione di un laboratorio di gruppo auto-centrato come il T-group. Del resto è l’approccio esperienziale che si avvince dell’esperienza del soggetto che apprende più che di una trasmissione della verità da docente a discente; ognuno sa, nella misura in cui vive l’esperienza sa ciò che vuole sapere e, più chiaramente ancora, è ciò che vuole essere. 

Ciò che impedisce un pieno vissuto per la persona è una sorta di ultracaratteristico ‘intoppo’, ciò che nell’enneagramma viene chiamato la ‘passione del carattere’. La passione del carattere è come una coazione a ripetere (Freud), una nevrosi per dirla più scientificamente. Perls conserva questa nozione della coazione a ripetere della psicanalisi ma come ricorda Ginger “secondo lui questa tendenza è legata a dei bisogni insoddisfatti, a delle Gestalt incompiute” e le Gestalt incompiute non sono altro che un frequente (e al sapor d’inevitabile!) allontanamento dalla pienezza del vissuto, un contatto con ‘direzioni non completate’. E’ quando questi desideri insoddisfatti e queste azioni lasciate a metà diventano sufficientemente potenti che le preoccupazioni ci assalgono assieme ad atti compulsivi, autodistruttivi, alla diffidenza e a un qualche sapor di pazzia! 

Nella nevrosi c’è una dinamica figura/sfondo che diventa stagnante, e qui ritorna il parallelismo con la fase di ‘gelo’ in un piccolo gruppo. Nel piccolo gruppo il campo ad un certo punto viene percepito come gelato: le parti che lo compongono, gli stessi partecipanti, accumulano energia singolarmente come dando l’immagine di una ‘costellazione di cristalli’, fino a che quest’energia convoglia in un canale comune favorendo tutte le svariate possibilità di ri-strutturazione del campo, favorendo il cambiamento che non è fatto di qualcosa di nuovo inteso come se prima non ci fosse, ma di un movimento nuovo, il movimento creativo di qualcosa che già c’era: “arriva la capacità di passare da una logica di suddivisione ad una logica di condivisione” (Spaltro).