Ricordo le dune di Belbela



Da un seminario di sviluppo personale nel deserto tunisimo (2008-2009):

"..c'era tanto fermento da un pò ormai, l'attesa era logora delle fantasticherie che l'accompagnavano. Nel mese di dicembre da tutta l'Italia la carovana si spinse in Tunisia fino a trasmutarsi in un popolo di dromedari che, seppur coordinato, si disperse in quella direzione verso la quale vanno a perdersi i riferimenti architettonici all'orizzonte e le forme di convenienza; da un piano composto di pianura sabbiosa ad un dove dove le dune si susseguono femminili e morbide, sagge. Fu il momento di fare i conti con un vuoto tanto prepotente quanto accogliente ed è difficile pensare la qualità dell'accoglienza nel vuoto, difficile poichè tendo a guardare all'accoglienza come qualcosa che mi chiama con forme cordiali, ma dove sta la cordialità in una massa di sabbia che tende a fondersi con un cielo denso e silente? Forse nella motivazione ad esserci? Sicuramente, certe forme non si spiegano senza motivazione, essere lì insieme ad altri e a qualcuno, la voglia di esprimere l'esprimibile e ciò che pare sempre ingombrante per incastrarsi fuori di sè. Sotto un certo vettore diveniamo tutti molto simili o per lo meno c'è similitudine nella partecipazione di tutti ad un passaggio. Bene, il deserto è grande ed è deserto, e dunque fu così: arrediamolo, animiamolo e riempiamolo di Noi!

E allora prende forma l'esperienza, la convivenza e l'atmosfera, il sentire diviene compagno prezioso, una sorta di bussola esistenziale: quel che sentiamo chiede un movimento, un non-movimento, una domanda e la ricerca di quella successiva. Le risposte spesso parcheggiano l'essere in una gratificazione vana, e personalmente preferisco pensare che il successo nell'affrontare una domanda è rappresentato dallo scovarne una successiva più importante per me, e così via. Il cibo buono, è fondamentale, che le tende siano comode non si può dire, ma son carine nella massa di questo quartiere, un quartiere di persone stipate nell'intimità d'uno spazio immenso. Salti dalle dune, passi pesanti, giochi di suoni, danze e festeggiamenti, l'anno finisce e c'è tanto essere gratuito, per sè e per gli altri sè, è più forte di qualsiasi io. E' la voglia e la curiosità golosa e ulteriore di stare con quello che il presente continua a presentare su un appassionato piatto d'argento. Bien le désert? mi chiedeva il beduino, sì caspita! tantissimo. C'è stata una notte particolare, passata sveglio sotto una tenda berbera a scrivere, volevo aspettare l'alba, che bella.. ascoltavo il vuoto e mi volevo conoscere, un Mio in mezzo a tutto quel Nostro."


(suggestioni: video di Carlo Bertoncini e foto di Simona Maroni)


E infine un passaggio dello scrittore e maestro sufi Idries Shah da "L'io che comanda" dove un guru racconta come divenne maestro spirituale: "Sedevo sul ciglio della strada domandandomi che fare, quando arrivò un uomo e si accovacciò di fronte a me. Eseguimmo esercizi e canti di ogni genere e dopo alcune settimane gli chiesi: Maestro, dimmi che dovrò fare adesso. E lui replicò: Ma io credevo che il maestro fossi Tu."