IO e TU (1°parte)



(Martin Buber by Andy Warhol) 

appunti di Andrea Migliarini

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Buber elabora innanzitutto una prospettiva di pensiero il cui cardine sono i temi del dialogo e della relazione: parte dall’idea secondo cui l’uomo non è una sostanza ma una fitta trama di rapporti e relazioni.

“All’inizio è la relazione”

Il saggio è onnipresentemente impregnato di quest’assoluta proposizione, Buber la imprime in senso filogenetico e in senso ontogenetico. Il mondo ha due volti che rappresentano il duale atteggiamento che lo vedono con l’uomo: un atteggiamento totale, intero, che in verbo diviene la parola fondamentale io-tu e un atteggiamento che non può essere intero che in verbo diviene la parola fondamentale io-esso.

“Non c’è alcun io in sé, ma solo l’io della parola fondamentale IO-TU, 
e l’io della parola fondamentale IO-ESSO” 

Di primo acchito, si potrebbe essere indotti a pensare che la parola IO-TU alluda ai rapporti con gli altri uomini e la parola IO-ESSO si riferisca invece a quelli con le cose inanimate. In realtà la questione è più complessa, in quanto l’Esso può comprendere anche Lui o Lei. L’IO-ESSO, allora, finisce piuttosto per coincidere con l’esperienza, concepita come l’ambito dei rapporti impersonali, strumentali e superficiali con l’alterità – sia umana sia extraumana. 

“Chi dice una parola fondamentale entra nella parola e la abita” 

L’atteggiamento dell’uomo rispetto al mondo è duale, in un modo cerca e crea confini (IO-ESSO) e nell’altro respira l’intero, la totalità, entra in qualche modo nel binario del TU ETERNO (IO-TU). 

In principio è la relazione, in principio è l’IO-TU poi scivolante nella possibilità dell’IOESSO e quindi dell’IO come coscienza. Questo linguaggio di Buber ottiene chiarezza semplicemente pensando sia al mondo primitivo sia ancor di più a quello infantile. In qualche modo si ha l’esempio di un IO-TU col naturale rapporto del feto con la madre.. 

“..La vita prenatale del bambino è puro legame naturale, 
scambievole flusso, reciprocità corporea; qui, in modo peculiare, 
l’orizzonte vitale dell’essere che si sta formando appare segnato 
– e tuttavia anche non segnato – in quello dell’essere che lo porta..
..nel linguaggio mitico ebraico si dice che nel grembo materno 
l’uomo conosce l’universo, e lo dimentica alla nascita..” 

La realtà spirituale delle parole fondamentali, e quindi ciò che trasportano di poco associabile a fonemi soltanto, scaturisce da una realtà naturale: per Buber la parola fondamentale IO-TU scaturisce dal legame naturale e quella della parola fondamentale IO-ESSO dalla separazione naturale. La potenza della parola fondamentale IO-TU è madre di ogni ‘esso’, di ogni categoria, di ogni distanza, di ogni parte compresa nel tutto: pronunciando la parola fondamentale IO-ESSO l’uomo si dà soltanto verso delle qualità o quantità, verso una fetta oppure soltanto con una fetta di sé, verso quella parte associata ad un ESSO come oggetto dunque un IO che prima del contatto ha visionato e scelto sé stesso. 

Da qui si comprende che il rapporto IO-ESSO, ciò che è oggettuale, è vissuto nel passato, che rappresenta la chiusura stessa nell’IO e che è invischiata di temporalità, spazialità, di uno sfondo che parla il linguaggio della causa-effetto

Questo è il destino dell’uomo, l’uomo non può vivere senza la parola fondamentale IOESSO, allo stesso modo in cui ovviamente si riesce a percepire che non può vivere continuamente nel presente, allo stesso modo in cui lampa la pesantezza inallontanabile nella nostra cultura del concetto del peccato originale, allo stesso modo in cui capiamo bene che siam vittime e frutti di una separazione. Sta di fatto che, come sottolinea Buber 

“E con tutta la serietà della verità, ascolta: 
senza l’esso l’uomo non può vivere. 
Ma colui che vive solo con l’esso, non è l’uomo” 

C’è da comprendere bene cosa dica la parola fondamentale IO-TU, cosa riporta, di cosa profuma, cosa suggerisce al di là del tempo e dello spazio, della suddivisione in parti, tutto per capire maggiormente l’inafferrabile forma che reca con sé e l’inevitabile peso dell’altra parola fondamentale. 

“Chi dice tu non ha alcun qualcosa per oggetto. Poiché dove è qualcosa, 
è un altro qualcosa; ogni esso confina con un altro esso; 
l’esso è tale, solo in quanto confina con un altro. 
Ma dove si dice tu, non c’è alcun qualcosa. 
Il tu non confina” 

Per Buber si parla di esperienza laddove c’è l’IO-ESSO, v’è invece relazione laddove la parola fondamentale è IO-TU. Viene delineata la realtà dell’esperienza come uno stare immobile nella distanza, come un’osservazione del mondo per creare conoscenza, variabili, nozioni, ESSO, ESSO, ESSO: cose tra cose. L’esperienza come una visione, un vedere per sapere: 

“Colui che fa esperienza non ha parte al mondo. L’esperienza 
è “in lui”, e non tra lui e il mondo. Il mondo non ha 
parte all’esperienza” 

Con relazione si parla invece di ciò ch’è abitato nella parola fondamentale IO-TU. Il mondo della relazione può esser analizzato rispetto alla natura, agli uomini, alle essenze spirituali. In tutte e tre le sfere, si mantiene un profumo ben diverso dall’ovvia abitudine che l’uomo ha con l’ESSO, con le cose, con le visioni quantitative (..una parte..) e qualitative (..un modo..). 

“Solo con l’intero essere si può dire la parola fondamentale io-tu. 
L’unificazione e la fusione con l’intero essere non può mai avvenire 
attraverso di me, né mai senza di me. 
Divento io nel tu; diventando io, dico tu. 
Ogni vita reale è incontro” 

All’inizio è la relazione dice Buber, l’uomo lo sa, lo ricorda ontogeneticamente e filogeneticamente. Relazione è con la natura, con gli uomini e con le essenze spirituali dicevamo, il filosofo in qualche modo analizza tutte e tre le sfere spinto da un unico tragitto comunque. L’IOTU scivola nell’IO-ESSO che non può chiudere mai del tutto la voce della parola fondamentale IO-TU. Un destino malinconico, il movimento della vita. In ogni caso c’è una proposizione che dice più di mille righe: 

“Perché il tu è più di quanto l’esso sappia” 

Con sappia si è nell’ambito dell’esperienza, del sapere, del conoscere, del caratterizzare. Sia con la natura che con gli uomini che altresì con ciò ch’è spirituale non è importante sapere qualcosa per entrare in relazione, non è necessario nessun passo consapevole, c’è semplicemente un intero essere fuso in una relazione, in un presente. La relazione c’è dove è caduto ogni mezzo, se c’è mezzo c’è impedimento, c’è l’ESSO. La distanza tra l’IO-TU e l’IO-ESSO è la distanza tra ciò che è presenza e ciò che è semplicemente oggetto: per il mondo dei primitivi c’erano molte presenze e pochi oggetti, pochi saperi. 

“Nell’immagine del mondo del primitivo, 
la causalità non è un continuum, 
è sempre nuovo fulmineo apparire, scomparire 
e farsi operante della potenza, 
un movimento vulcanico senza connessione” 

Con questo esempio può esser allo stesso modo riutilizzata la vita dell’infante per congetturare in un lampo la potenza della parola fondamentale IO-TU. La relazione è l’inizio, da lì separazione. Nell’uomo primitivo germoglia la coscienza così come nei passi di un infante di fronte ad un apparire continuo: 

“La prima parola fondamentale si divide certamente in io e tu, 
ma non è sorta dalla loro unione, precede l’io; 
la seconda è sorta dall’unione di io ed esso, segue l’io” 

Per Buner relazione è come dire amore, e con il termine amore viene più semplice il rivisitare tutto con un’ovvia autenticità. Se c’è amore cadono i punti di vista, i giudizi e c’è qualcosa che fonde meglio di qualsiasi interesse o fine. “..l’amore non coinvolge l’io, come se per l’amore il tu non fosse che il “contenuto”, l’oggetto; l’amore è tra l’io e il tu” 

Può esser importante a questo punto un piccolo riferimento alla formazione personale di Martin Buber, ai suoi interessi e alle sue opere. Nasce a Vienna e studia in svariate università europee, annoverando fra i suoi maestri pensatori di gran calibro che molto incideranno sulla sua formazione. Dopo un periodo di "dispersione", egli tornò nel seno dell’ebraismo, aderendo al movimento sionista. Docente a Francoforte, dopo l’avvento del nazismo perse la sua cattedra e nel 1938 si trasferì a Gerusalemme, dove ricoprì la cattedra di Filosofia sociale e difese l’ideale di una pacifica convivenza fra Arabi ed Ebrei. La morte lo colse nel 1965. Nel 1923 pubblicò una delle opere più famose, Io e Tu, proprio nell’anno in cui cominciò ad insegnare a Francoforte. Nel 1925 incontrò Franz Rosenzweig, con il quale tradurrà la Bibbia per la sua nazione, per la Germania vittima del morbo nazista (impresa che porterà a termine nel 1962). Fra gli scritti successivi, meritano senz’altro di esser ricordati: Il problema dell’uomo (1943) ed Eclissi di Dio (1952), oltrechè i suoi interessantissimi studi sullo hassidismo, ovvero su quel movimento dell’ebraismo europeo orientale sorto nel XVIII secolo e caratterizzato dall’importanza attribuita all’azione. 

In fin dei conti, in questa prima parte del saggio ‘IO e TU’, Buber non fa che spingere la motivazione dell’uomo verso l’essere piuttosto che verso l’avere: è tutt’altro che riduttivo.